CONVIVENZA, BISOGNO D’AIUTO?
Mentre i matrimoni sono in continuo calo, il numero di coppie non sposate ma conviventi è in crescita. È saggio programmare la vita di coppia per prevenire problemi di convivenza ed anticipare l’evoluzione che il trascorrere del tempo ha sul rapporto.
Per avere qualche consiglio su come procedere con la convivenza, chiedi di discutere delle tue opzioni legali.
Il tuo avvocato personale si prenderà il tempo necessario per comprendere le circostanze specifiche e fornire una consulenza esperta su misura per le tue/vostre esigenze. Se al momento vivi o stai pensando di trasferirti con il tuo partner, potresti prendere in considerazione un accordo di coabitazione che AvvocatoPersonale può redigere per te.
Siamo in grado di collaborare:
agli accordi di convivenza
alla stesura di accordi di separazione
rivendicazioni di proprietà
disposizioni finanziarie per i bambini. ..
Un aiuto esperto per convivere serenamente
Le relazioni sono complesse, anche per le coppie non sposate. Sappiamo aiutarti nell’affrontare casi di convivenza riguardanti:
Separazione e Convivenza
Contratti di convivenza
Cessazione della convivenza
Casa e Mantenimento
Pianificazione successoria
Regime patrimoniale
Cosa fare quando la coppia non sposata… scoppia?
La rottura di qualsiasi relazione è un processo doloroso, ma se fai parte di una coppia convivente le complessità associate alle tue disposizioni finanziarie possono rappresentare un’ulteriore fonte di stress.
È importante capire che i conviventi, indipendentemente dalla durata della loro convivenza, non godono degli stessi diritti delle coppie sposate che affrontano il divorzio.
La rottura di una relazione o la morte del compagno può essere un disastro finanziario: non vi è mantenimento, pensione e nessun diritto automatico su proprietà o capitale. Anche i figli di una tale relazione possono essere lasciati in una situazione economicamente svantaggiosa.
Se al momento vivi o stai pensando di trasferirti con il tuo partner, potresti prendere in considerazione un accordo di coabitazione che AvvocatoPersonale può redigere per te.
Ecco le domande che ci fate più spesso sulla convivenza
La decisione di trasferirsi insieme non va presa alla leggera per molte ragioni. Che si tratti di una giovane coppia che decide di risparmiare sull’affitto o di una coppia non sposata che da anni cresce insieme i propri figli, possono sorgere complicazioni per quanto riguarda denaro, proprietà, …, soprattutto se l’accordo si incrina.
Anche quando le cose vanno bene, possono sorgere problemi ad esempio come quando uno si ammala. Sia che tu viva già con un partner o stia pensando di trasferirti insieme, è bene essere informato su cosa significa vivere insieme senza essere sposati. Di seguito riportiamo le domande che fate frequentemente o che dovreste fare: errori da evitare, dettagli su aspetti medici e sanitari, consigli per le coppie non sposate con figli e altro ancora.
Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legale da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincolo affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. Una famiglia anagrafica Può essere costituita da una sola persona.
È l’unione stabile tra due persone unite da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale (ossia che si comportano fra loro e nei confronti degli altri come se fossero sposati o legati da un’unione civile). Non ha importanza se si tratta di una coppia omosessuale o eterosessuale. L’unico requisito richiesto è che i partner non devono essere vincolati da matrimonio o unione civile – per cui non sono considerate convivenze di fatto quelle in cui uno dei conviventi sia separato dal coniuge ma non divorziato – né da rapporti di parentela fra loro.
I conviventi che registrano il loro rapporto acquisiscono automaticamente alcuni diritti e doveri che fino al 2016 erano riconosciuti alle sole coppie sposate. Chi non ha fatto alcuna dichiarazione al comune, invece, per ottenere il riconoscimento di tali diritti dovrà dare prova con altri mezzi del proprio legame con il partner.
E se la convivenza è iniziata prima, ma la registrazione viene fatta dopo?
Si può comunque provare che è iniziata in data diversa rispetto alle dichiarazioni all’anagrafe.
No, ciascuna coppia potrà decidere se registrare o meno la propria convivenza. La dichiarazione al comune, però, è prova del legame e può dunque essere utile nel caso si vogliano far valere determinati diritti.
A titolo esemplificativo, in caso di ricovero hanno reciproco diritto di visita e di accesso ai dati sanitari dell’altro, inoltre hanno diritto al permesso retribuito nei casi previsti dalla legge 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate); un convivente può anche autorizzare l’altro a prendere per lui decisioni su eventuali trattamenti sanitari nel caso di malattia o sulla eventuale donazione dei sui organi nel caso di morte.
Per i conviventi non sono previsti tutti i diritti ed i doveri che spettano ai coniugi conviventi, ma solo alcuni di essi. Ad esempio non è previsto il diritto-dovere di fedeltà, per cui il convivente non può chiedere addebiti e risarcimenti di alcun tipo per essere stato tradito dal compagno. Inoltre i conviventi non sono eredi l’uno dell’altro per cui, a meno che non lo abbiano stabilito con un valido testamento, alla loro morte i rispettivi beni non saranno tramandati all’altro, e nemmeno avranno diritto alla pensione di reversibilità. In caso di rottura della coppia nessuno dei due potrà pretendere dall’altro alcun assegno di mantenimento, ma solo un minimo contributo per le esigenze di vita primarie, i c.d. alimenti, e soltanto se verserà in stato di indigenza. In ultimo, con la sola convivenza i partner restano in separazione dei beni e se decidono di instaurare il regime della comunione legale dei beni devono espressamente stabilirlo con un contratto di convivenza.
Quando hai bisogno di un avvocato?
Sebbene la risposta dipenda dalla tua situazione e dalle tue particolari circostanze, è generalmente utile consultarne uno prima di prendere decisioni che potrebbero avere implicazioni legali.
Alcune persone aspettano che qualcosa vada storto per consultarsi con un avvocato, ma nella società litigiosa di oggi, questa non è l’idea più intelligente.
Se la casa è di proprietà di uno solo dei due, e se non ci sono figli, l’altro avrà il diritto di rimanerci soltanto per un periodo di 90 giorni, per così dire di preavviso, e poi dovrà trasferirsi altrove.
Se invece ci sono dei figli, proprio come nel caso delle coppie che si sono sposate, nella casa rimarrà insieme ai figli il genitore a cui verranno affidati, indipendentemente dal fatto che sia l’altro ad esserne il proprietario o che sia intestata ad entrambi.
Se un convivente muore per un incidente sul lavoro o per un altro fatto illecito, l’altro può chiedere di avere lo stesso risarcimento che gli sarebbe spettato se fossero stati sposati. Un convivente però, a meno che l’altro non lo abbia stabilito con un testamento valido, non è erede dell’altro, nè ha diritto di chiedere all’INPS la pensione di reversibilità. Ha solo il diritto di rimanere a vivere nella casa familiare che era di proprietà dell’altro per un limitato periodo di tempo che varia a seconda della presenza o meno di figli ed in base alla durata delle convivenza.
Il convivente superstite non eredita nulla, ma può rimanere a vivere nella casa che era dell’altro per un periodo minimo di 2 anni, o per un periodo pari alla durata della convivenza se superiore ai due anni, fino al massimo di 5 anni. Questo periodo sale a non meno di 3 anni se con il convivente superstite coabitano nella casa figli minori o disabili suoi (e cioè di lui soltanto). Il diritto di continuare ad abitare nella casa viene meno qualora smetta di occuparla stabilmente, si sposi, costituisca un’unione civile o inizi una nuova convivenza di fatto. Se i due erano già divisi e il convivente superstite già aveva avuto l’assegnazione della casa perché è a lui che erano stati affidati i figli, allora vi rimarrà fin tanto che questi non saranno diventati grandi e autonomi.
Sono accordi con cui la coppia può regolamentare i propri rapporti patrimoniali, anche per il caso dell’eventuale cessazione della convivenza, ed alcuni aspetti di quelli personali. Ad esempio i partner possono disciplinare la misura e modalità di partecipazione di ciascuno alle spese comuni, optare per il regime di comunione dei beni, prevedere la reciproca designazione ad amministratore di sostegno dell’altro.
Leggi: Come si stipula il contratto di convivenza?
Il contratto di convivenza deve avere necessariamente la forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato, i quali devono attestarne la conformità alle norme e all’ordine pubblico. Inoltre il notaio o l’avvocato che hanno autenticato l’atto, devono trasmetterne una copia al Comune di residenza dei conviventi, al fine dell’iscrizione nei registri dell’anagrafe, nei quali è registrata la convivenza. Il costo della redazione del contratto varia a seconda del numero e della complessità dei rapporti che si vuole vadano a regolamentare.
Il contratto di convivenza può essere modificato in qualsiasi momento, sempre mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata trasmesso al comune di residenza
Il contratto può in ogni momento risolversi:
- sia consensualmente, mediante la sottoscrizione da parte di entrambi i conviventi di un atto scritto autenticato da un notaio o da un avvocato,
- che per recesso di una sola delle parti, che dovrà rivolgersi ad un notaio o ad un avvocato.
In questo caso il convivente che abiti nella casa di proprietà di quello che vuole interrompere la convivenza avrà 90 giorni per trovare un’altra sistemazione ed andarsene.
- Il contratto cessa anche se uno dei due partner si sposa, contrae unione civile o muore.
Non è obbligatorio ma in alcuni casi può essere caldamente consigliabile. Ad esempio solo se la coppia ha firmato il contratto di convivenza, indicando:
- la residenza,
- le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune
- e optando per il regime patrimoniale della comunione dei beni
il convivente che ha a suo carico l’altro avrà diritto agli assegni per il nucleo familiare (ANF) erogati dall’INPS.
DICONO DI NOI:
Grazie!!! FORTE AVVOCATO!