Sappiamo tutti che il matrimonio, in sostanza, consiste nel condividere la vita ed è dunque logico che comporti l’obbligo per marito e moglie di coabitare nella stessa casa

è altrettanto intuibile che l’obbligo di convivere è connesso e funzionale agli altri diritti-obblighi che costituiscono l’essenza del legame matrimoniale:

  • fedeltà
  • collaborazione nell’interesse della famiglia
  • assistenza materiale e spirituale

Per questo il Giudice autorizza i coniugi a vivere separati solo quando, per entrambi o per uno soltanto di loro, la convivenza è diventata intollerabile.

Ciò significa che, se un coniuge non vuole rischiare che la separazione gli sia addebitata deve attendere la pronuncia del giudice o trovarsi nella condizione di poter provare:

  • che l’altro ha acconsentito al suo allontanamento (per evitare brutte sorprese sarà bene mettere nero su bianco l’accordo), oppure
  • che è stata una giusta causa a spingerlo ad allontanarsi di casa prima dell’autorizzazione del Tribunale.

Possono ad esempio giustificare l’allontanamento di un coniuge dalla residenza familiare:

  • la conflittualità che sfocia in violenza o è comunque tale da danneggiare i figli
  • che sia già stato presentato al Tribunale il ricorso per la separazione personale (non basta la sola intenzione di uno dei due di depositare da lì a poco la domanda di separazione)

Attenzione: chi si allontana senza l’autorizzazione del Tribunale, senza il consenso dell’altro o senza una causa rischia l’addebito della separazione.  Ecco cosa di cosa si tratta:

  • la separazione viene addebitata ad uno dei due coniugi quando si accerta che questo ha violato uno dei doveri del matrimonio (in questo caso il dovere di coabitazione) e che tale violazione è stata causa della crisi matrimoniale;
  • ne conseguono la perdita dell’assegno di mantenimento e la perdita dei diritti ereditari nei confronti dell’altro.

Quindi l’abbandono della casa familiare di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale, ma non è causa di addebito solo se la convivenza è oggettivamente intollerabile a causa del comportamento dell’altro

(Cass. civ. Sez. VI-1, 23 giugno 2020, n. 12241).